CAPITOLO III: PRESUPPOSTI E CONDIZIONI PER LA REALIZZAZIONE DI UN MAGAZZINO VIRTUALE

Prima di passare ad analizzare nello specifico l'attuazione del modello del Magazzino Virtuale ad un caso pratico è d'obbligo illustrare le basi teoriche e il contesto economico in cui esso si è sviluppato.
A tal proposito si presentano di seguito 3 argomenti quali: i cluster industriali, l'outsourcing e i processi produttivi.
I paragrafi che seguono non hanno la presunzione di esporre gli argomenti trattati nella loro interezza, ma solo di sottolinearne alcuni aspetti fondamentali, la cui comprensione giustifica ed avvalora il ricorso al Magazzino Virtuale.

3.1 I CLUSTER INDUSTRIALI
3.1.1 DEFINIZIONE ED IMPORTANZA

L'apparato produttivo italiano è costituito in prevalenza da imprese di piccola e media dimensione. Una delle sue caratteristiche fondamentali è l'integrazione delle imprese all'interno delle aree cosiddette "distrettuali" che mitigano gli effetti negativi della dimensione esigua sull'efficienza aziendale e sulla capacità competitiva del sistema.
Il "cluster industriale" definito in Italia "distretto industriale" può essere considerato come una "concentrazione territoriale" di piccole-medie imprese con accentuata specializzazione nei settori manufatturieri, le quali, in virtù delle relazioni tra loro e del ruolo svolto dall'ambiente esterno nella trasmissione del know-how specifico e dei valori del lavoro industriale, riescono a produrre in modo efficiente ed a competere sui mercati con imprese di maggiore dimensione".
Nel nostro Paese il riconoscimento e la regolamentazione dei distretti industriali è avvenuta con molto ritardo rispetto la nascita del fenomeno, tramite la Legge 5 ottobre 1991, n. 317 :
"Art. 1. Finalità della legge e definizione di piccola impresa. La presente legge ha la finalità di promuovere lo sviluppo, l'innovazione e la competitività delle piccole imprese, costituite anche in forma cooperativa..."
Lo scopo principale legato alla nascita dei distretti industriali è quello di favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi.
Molteplici sono i criteri che possono essere utilizzati per definire il "cluster industriale". Di conseguenza non è possibile individuare il numero esatto presente in Italia. A seconda della definizione utilizzata e dei parametri scelti (geografici, giuridici o economici) il risultato della stima varia in modo significativo. Le discipline economiche insegnano che le piccole imprese, da sole, non sono in grado di competere sui mercati internazionali. Eppure i risultati ottenuti dalle piccole-medie imprese appartenenti a distretti industriali sembrano smentire in pieno tale affermazione. Ciò è possibile in quanto la competitività di tali imprese è rafforzata dalle interrelazioni e dai legami che si stabiliscono sul territorio in forza della comune specializzazione settoriale e della concentrazione spaziale. Questo modello produttivo, fino a poco tempo fa tipico della realtà italiana, si sta diffondendo nell'industria manifatturiera su scala mondiale. Le tendenze in atto mostrano, infatti, un orientamento imprenditoriale volto sempre più a favorire le relazioni tra imprese. Tali relazioni, da strutture gerarchiche si stanno evolvendo verso forme più flessibili in grado di fronteggiare meglio i cambiamenti ambientali e di mercato. Le imprese che operano nei distretti basano la loro competitività su:

Il distretto industriale dimostra inoltre di essere un ambiente ideale per avviare e coltivare rapporti collaborativi finalizzati ad incrementare ulteriormente la competitività grazie a: Lo sviluppo e la concentrazione di tante attività possono però generare, oltre a benefici, anche costi e diseconomie legate a: Ma dai risultati riscontrati i vantaggi superano decisamente gli svantaggi. C'è però da evidenziare che dopo anni di congiuntura favorevole, la situazione dei distretti industriali sta evolvendo rapidamente. Globalizzazione, concentrazione e spostamento del baricentro delle filiere produttive verso la distribuzione stanno avendo un impatto consistente sui distretti e gli effetti si evidenziano sullo scenario competitivo internazionale.
Molti distretti industriali che fino a pochi anni fa erano riusciti a riposizionare la propria offerta nei mercati competitivi, ora sono in evidente difficoltà. Dai dati degli ultimi anni sulle quote nel commercio mondiale, per l'Italia si evidenzia una flessione; ed il fenomeno ha subito un'accelerazione negli ultimi due anni.
In effetti i vantaggi derivanti dalla localizzazione tendono sempre più ad assottigliarsi soprattutto per via dell'utilizzo di nuove tecnologie e dell'impiego di internet.
Inoltre il ruolo estremamente vantaggioso, giocato fino ad oggi dallo spazio e dalla geografia viene a ridimensionarsi considerevolmente. Questi cambiamenti sembrano porre in discussione la sostenibilità del modello che fino ad oggi ha contraddistinto lo sviluppo economico italiano: quello dei distretti industriali basati su una forte connotazione territoriale e locale. Probabilmente una parte non secondaria dei disagi dipende da un rapporto non fluido tra le imprese dei distretti e le ITC8.
Basti pensare che l'incidenza media delle spese informatiche sul fatturato delle aziende è pari all'1,55%. Inoltre il 61,4% delle imprese si dichiara non soddisfatta della propria informatizzazione. Cosa ben diversa accade negli altri paesi industrializzati europei, i quali cercano di sfruttare al massimo i servizi innovativi di comunicazione con l'obiettivo di supportare il loro core business.
Secondo il rapporto Fair9, queste società appartengono principalmente a tre gruppi: I distretti industriali del nostro paese devono far rotta verso il commercio elettronico, soprattutto nelle sue forme B2B, creando i cosiddetti "distretti virtuali".
L'idea è di utilizzare Internet e le moderne tecnologie per consentire alla PMI un miglior approvvigionamento di materie prime e condivisione di risorse.
Nel concetto "tradizionale" di cluster, l'istruzione e la tecnologia spesso hanno avuto un ruolo marginale. Ora le cose sono cambiate e sono proprio questi gli elementi su cui puntare per ritrovare nuovi spunti per un rilancio della competitività distrettuale.
Lo dimostra il fatto che i nuovi "cluster" stanno emergendo nelle aree periferiche dove questi fattori sono abbondanti10.
E' da sottolineare però che nonostante i cambiamenti a cui è sottoposto il cluster, questo rimane sempre e comunque una "business comunità", il cambiamento vero e proprio riguarda il mercato il quale sta evolvendo da mercato fisico a mercato virtuale.
L'importanza del passaggio da fisico a virtuale sembra essere stata colta dalla Unitec la quale sta proponendo con successo il suo ultimo prodotto : il Magazzino Virtuale.
Già alcune realtà imprenditoriali, come ad esempio quelle appartenenti al distretto del marmo di Massa-Carrara hanno sperimentato con ottimi risultati questo modello.
Con esso il concetto di cluster, viene ripreso, ampliato e stravolto allo stesso tempo. Guardando al passato, l'evoluzione nelle tecniche di gestione della produzione è stata sostanzialmente orientata a ridurre tali costi.
Ciò si è avuto soprattutto attraverso una maggiore integrazione tra i soggetti presenti nella filiera11.
Ebbene ora questa integrazione viene estesa paradossalmente ai "concorrenti".
D'altra parte ai distretti è richiesta (se non imposta) una forma sempre più estrema di integrazione per poter conservare i propri margini di competitività nei confronti delle imprese di dimensioni maggiori.
Occorre cioè che le single imprese attuino una fattiva condivisione di risorse. In passato tentativi del genere hanno prodotto scarsi risultati in quanto le imprese hanno avuto timore di perdere quell'autonomia gestionale ed operativa che da sempre ha contraddistinto la versatilità delle PMI. Questo si è avuto soprattutto quando la condivisione riguardava gli approvvigionamenti di prodotti strategici, tramite i quali tali imprese sono in grado di offrire alla propria clientela, quel valore aggiunto che riesce a contraddistinguere l'azienda dalla diretta concorrenza12.
Al giorno d'oggi tali remore non sono più consentite. Sia perché come già detto è un lusso che le PMI non possono più concedersi. Sia perché le nuove tecnologie di information e communication offrono la possibilità di condivisione delle informazioni, di beni e servizi, pur conservando una propria singola identità.
La proposta di Unitec è quella di far funzionare l'intero distretto come se fosse un'unica "entità" composta dalle diverse imprese partecipanti, la cui gestione di determinate attività comuni però, viene affidata ad un operatore specializzato e neutrale rispetto a tutte le aziende del distretto.
Questi avrà il compito di assicurare e garantire la trasparenza per tutte le partecipanti al progetto provvedendo centralmente, alle attività di gestione condivise. Così facendo quello perseguito da ogni singola impresa non sarà più un egoistico vantaggio economico, bensì un vantaggio di tipo paretiano.
Inoltre la Unitec sostiene che tale soluzione può essere applicata con vantaggi uguali se non superiori ad altre realtà che presentano aspetti analoghi a quelli dei distretti.
Infatti nei capitoli successivi si farà riferimento all'applicazione di tale modello ad un distretto sanitario.


 


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